I TRULLI TRA LEGGENDA E REALTA' ODIERNA

Tra le bellezze uniche della Puglia ci sono sicuramente i muretti a secco ed i trulli. Se i primi sono nati come recinzione degli animali domestici o di proprietà terriere, e sono realizzati pietra su pietra, dette chiarelle (raccolte dalla terra rossa tipica della Puglia e dove si trova dissodando il terreno da arare) senza malta, i secondi sono stati inventati per evitare il pagamento delle tasse sulla struttura (l'odierna Imu per intenderci) e sono conseguenti ai muretti a secco. Il muro a secco è infatti il muro perimetrale che sostiene il cono di un trullo. Le più note costruzioni, patrimonio Unesco, sono quelle di Alberobello.
Le costruzioni in pietra calcarea poste una sull'altra senza malta ed a forma circolare con tetto a cono sono sparse in tutte le campagne della nostra regione.
Leggi apposite prevedono non solo il rispetto, il mantenimento ma soprattutto la ristrutturazione ed il divieto di abbattere qualunque rudere. Stessa norma vale per i muretti a secco.
I trulli, che secondo gli storici risalirebbero ad epoca preistorica ma di cui oggi restano esempi risalenti al XIV secolo, furono costruiti dai contadini locali come abitazioni. Poichè il governante del Regno di Napoli impose tasse anche sulle abitazioni di quelli che erano diventati villaggi rurali, gli stessi contadini per non pagare danaro, già difficile da guadagnare, pensarono di costruirle con un tetto in pietra calcarea, tipica della zona, smontabile all'occasione e che quindi, nel corso di un sopralluogo, veniva fatto sparire in modo da dimostrare che la costruzione non era abitabile, evitando così di essere tartassati.
La ristrutturazione di trulli e muretti a secco rappresentano un possibile futuro lavorativo per molti giovani disoccupati. Tra l'altro il materiale necessario non è difficile da reperire per le chiarelle e pietre di pari epoca ci sono delle cave autorizzate dove estrarre il materiale per il trullo.
Per saperne di più ci facciamo aiutare da un maestro trullaro, Giuseppe Miccolis 64enne di Putignano, il cui motto di vita è “La pietra locale parla, si legge e respira”. Poche parole che dicono tutto sull'amore per la storia, la terra, i sacrifici di antichi mestieri ed usanze pugliesi.
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Crescendo il giovane Giuseppe Miccolis non ha mai perduto questo amore sviscerato per le costruzioni a cono A 14 anni, dopo aver conseguito la licenza media inferiore, ha iniziato a lavorare non a caso nel campo edilizio. Nel corso degli anni susseguitisi ha esercitato varie attività piastrellista, intonacatore, elettricista ed idraulico. I racconti di nonno Cesario hanno poi spinto Miccolis a leggere libri di storia locale, quindi a conoscere in maniera approfondita i mestieri del passato che erano parte integrante dell'economia della città di Putignano e che con il passare degli anni, a causa del progresso tecnologico, della ricerca del lusso, della vita più agiata e più consumistica e sempre meno faticata come si dice dalle nostre parti, sono andati quasi del tutto persi.
<>. Prima il tempo libero si trascorreva non solo a giocare a pallone in strada ma anche in piazza a scambiare chiacchiere con i nostri sapienti dell'epoca e vecchi che venivano apprezzati e stimati da tutti. <>.
Ed è proprio in seguito a queste esperienze e conoscenze accumulate via via che il nostro mastro trullaro ha deciso di intraprendere questo mestiere antico ma anche di diffondere e ricordare, per non far mai dimenticare, le informazioni <>.
Trovare giovani che manifestino almeno un minimo interesse non facile, ammette con amarezza Miccolis, ma <>.
Il maestro non nasconde che vivere di questo mestiere non è facile, tant'è che si occupa anche di altre attività collegate al settore delle costruzioni. Si tratta per lo più di lavori manuali come lavorazioni su pietra, rivestimenti, pavimentazioni.
Miccolis è talmente innamorato di quello che è soprattutto un'arte da difendere insieme con altri antichi mestieri da aver scritto un libro intitolato “L'antica arte del trullaro nella Murgia - The ancient art of Trullaro in Murgia”. Persona piena di vita organizza lezioni dimostrative teoriche e pratiche sull'arte di edificare trulli con gli attrezzi antichi e le tecniche usati dai nostri antenati (le prossime per le scolaresche sono in programma a settembre). Il tutto condito da tanta passione e sapienza che non si ferma mai. Pur prediligendo l'antico non si ferma davanti alla tecnologia al punto da aver creato un sito http://www.maestrotrullaro.altervista.org/dicono-di-me.html, nel quale si racconta ed offre consigli utili sui trulli ovviamente.
Anna Caiati
Postato 20th July 2013 da Anna Caiati

I trulli tra leggenda e realtà odierna

IL TRULLARO GIUSEPPE MICCOLIS SVELA IL SUO ANTICO MESTIERE

Venerdì 4 febbraio 2011, la Sala Fidas ha ospitato il primo appuntamento formativo sugli “Antichi Mestieri”, promosso dall’associazione “La Goccia”, con la partecipazione del Trullaro, Giuseppe Miccolis, il quale ha raccontato i segreti del suo antico mestiere.

L’artigiano putignanese Giuseppe Miccolis è uno dei maestri trullari specializzato nella costruzione dei caratteristici trulli della nostra zona. I maestri della pietra e dei trulli, che si dedicano a questo antico mestiere, sono diventati decisamente pochi, ma sono una ricchezza inestimabile per il nostro territorio. Il sig. Miccolis viene definito il custode dell’antica arte dei trullari, un mestiere che si intreccia con la storia, la tradizione e la cultura contadina. Il trullaro ha illustrato ai presenti le varie particolarità di questo antico mestiere, gli attrezzi di lavoro e la tecnica di lavorazione per la costruzione di un trullo.

Una particolare curiosità è l’esistenza in contrada Marziolla (Comune di Alberobello) del trullo più antico, risalente al 1559 così come inciso sulla stessa costruzione.

Pinuccio Mangini, presidente dell’associazione La Goccia, ha raccontato alcuni aneddoti storici legati ai trulli: “nel 1600, il Re di Spagna aveva emanato un editto che imponeva a tutti i suoi feudatari, compreso il feudatario di Conversano, di pagare una tassa quando si costruiva un nuovo edificio. San Girolamo di Conversano non gradì la disposizione, per cui obbligò a tutti cittadini di costruire i nuovi edifici a forma di trullo, perché i trulli (costruiti come i muretti a secco, ndr) si potevano demolire e ricostruire subito dopo le eventuali ispezioni commissionate dal Re di Spagna.”

TECNICA DI COSTRUZIONE DI UN TRULLO – Per costruire un trullo ci vogliono gli stessi strumenti che servono per fare un muro a secco: il martello normale e il martello a sei denti che servono per squadrare e rifinire le pietre che occorrono.
In primo luogo bisogna scavare per trovare un terreno più solido, dove collocare le fondamenta. Successivamente, si alzano i muri di pietra di forma rotonda o cubica. Infine, si costruisce il cono del trullo sistemando le pietre una sull'altra e restringendo sempre più gli anelli del cerchio. Al termine, il cono si ricopre con le chiancarelle, cioè lastre di pietra calcarea che vengono sistemate con una pendenza verso l'esterno. Grazie a questa inclinazione l’acqua della pioggia non entra nei trulli ma scorre giù.

Conclusa la costruzione del trullo bisogna intonacarlo all’interno (e se si vuole all’esterno) con la calce che è igienica. Alla cima del cono in genere si mette una decorazione di pietra imbiancata: il pinnacolo, che serve per abbellire il trullo. Ci sono vari tipi di pinnacoli: a stella, a forma di corna, di croce, di uccello. Ma sono pinnacoli moderni, la forma che si usava nei tempi antichi era la sfera con un disco sottostante. Questi si costruivano con gli attrezzi adatti modellando la pietra.

Con il trascorrere del tempo il trullo si assesta: la conseguenza di ciò è la sostituzione di qualche chianca laddove ce ne fosse bisogno.

                                                                           

 

 

REQUIEM PER GLI ULTIMI TRULLI

Stanno sparendo i maestri trullari. Nelle campagne pugliesi aumentano i furti di chianche. Si vedono sempre più spesso trulli dalle proporzioni improbabili che sembrano costruiti dallo scenografo di un incubo. C'erano decine di persone alla conferenza di Giuseppe Miccolis, uno degli ultimi maestri trullari, a Putignano lo scorso 4 febbraio. Un incontro a cui hanno partecipato numerosi cittadini che vogliono conoscere qualcosa in più delle nostre costruzioni. Vi siete mai chiesti perché soltanto in Puglia ci sono i muretti a secco, le pajare salentine e i trulli murgesi? Qual è il colore di un trullo: l'argento o il bianco? Le pareti sono rustiche o a calce viva? I trulli hanno il colore chiaro delle pietre di cui i terreni murgesi sono ricchissimi, ma dopo quaranta, cinquanta anni diventano grigi, un tono argentino a causa delle intemperie. I muri dell' abitazione un tempo erano di una calce colorata, azzurra o rosso pompeiano, hanno l'ingresso del prospetto rivolto a sud, detto anche a scirocco,e le cantine a nord. Oggi sono quasi sempre bianchi e intonacati con un materiale idrorepellente. Il trullo nacque come ricovero contadino: all'inizio fu concepito come celletta quadrata per riparare gli animali, ma col tempo furono costruiti i tetti, in pietre contrapposte, (chiancarelle) che costituiscono il cono. Il più antico trullo risale al XVI secolo e si trova in contrada Marziolla tra Locorotondo e Fasano. Costruire un trullo è un'arte che ha a che fare con l'architettura più complessa, ma secondo le ipotesi più suggestive anche con le arti occulte della negromanzia. C'è un passaggio di Cesare Brandi nel suo "Pellegrino di Puglia" a proposito dei dolmen in cui spiega che le pietre che la terra pugliese ha in sé, altro non sono che i fantasmi del nostro passato ignoto e preumano. I contadini che le cercavano e le estraevano dal suolo con un aratro ad uncino le trattavano come se avessero pescato reliquie da un ossario. Le pietre si aggregano e si compongono nei muri a secco, nei trulli, nelle pajare e più primitivamente nei dolmen, perché niente altro sono che le nostre anime morte che si rincontrano e vogliono rivivere insieme i tempi dei loro albori. Non è un caso che il trullo venga considerato all'origine, come un luogo di culto, che contenga nel sintagma il prefisso del tre, il numero che ogni religione pagana e monoteista considera elevante. La punta rivolta al cielo è su un cono posato su un quadrato come in una ziqqurat, il più imponente monumento cultuale. Questa teoria affascinante sul perché in Puglia ci siano tali e tante misteriose composizioni murarie è anche la più vicina alla verità della nostra terra. Una terra che subisce oggi il taglio e lo sfregio del cemento armato e non molto tempo fa dell'eternitt, l'amianto come lo chiamano nel Salento. Scherzo del destino, un materiale lavorato soprattutto da pugliesi emigrati e per cui si sono immolati dagli anni Trenta agli anni Ottanta nelle fabbriche del nord. Se si immagina allora quanto senso di storia, di morte e di amore ci sia nelle nostre pietre, si può forse avere una maggiore attenzione a piccoli episodi di cronaca locale. Parlo della profanazione (e la parola, ma come in questo caso è esatta) che subiscono le nostre parieti a secco, le nostre pajare e i nostri trulli. Sono decine ormai ogni giorno in Puglia, i furti di pietra. Che non sono solo un' innocua ruberia da parte di ladri di galline, ma un autentico sfregio a noi ed ai nostri morti. È come se ogni giorno venissero rivoltate le tombe dei nostri antenati. Il trullaro, mestiere sempre più raro, sempre meno italiano (in Valle d' Itria, molti ormai manovali sono albanesi) è un artigianato d'eccellenza che sconfina nell' arte. Ci vorrebbe più cura per conservarlo, per formare chi fa parte di questo vecchio esercito che oggi è soltanto un drappello frastagliato. Corsi professionali, agevolazioni fiscali, formazione, sono alcune delle concrete azioni che possono le istituzioni. E poi c'è la comunità ed il suo senso d'appartenenza. Quello che ha permesso per secoli di conservare i trulli, ma anche di proteggere questo sud meglio di altri sud. Franco Basile, professore e storico locale racconta che ormai le famiglie di trullari in Valle d'Itria si contano sulle dita di una mano, «I Lisi, i Palmisano, i Lodeserto» mi cita e segnala come i pochi trullari fanno sì che molti manovali improvvisino il mestiere, tanto da assistere a mostruosi trulli col cono sottile perché viene usato il tufo invece della chianca. Non un caso che il nostro dialetto chiami mescii trullari, ma una parola che nel nostro dialetto porta con sé il significato di maestro e di magia, i trulli non sono soltanto orpelli nelle cartoline che mandiamo al mondo, ma il cuore misterioso e pulsante di questa comunità.

L’evoluzione delle conoscenze e delle tecnologie, l’opportuna introduzione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e sull’igiene degli alimenti, l’applicazione dei risultati delle ricerche per l’innovazione nei processi produttivi e di prodotto, l’aumentato grado di istruzione della popolazione hanno determinato le condizioni per la modifica delle tecniche di lavoro ed, in alcuni casi, la scomparsa di diversi mestieri che caratterizzavano l’attività delle popolazioni del nostro territorio “Terra dei Trulli di Putignano”.
Questo il motivo principale che ha spinto il maestro Giuseppe Miccolis a dedicarsi a questi antichi mestieri e ad organizzare lezioni dimostrative teoriche e pratiche sull’arte di edificare trulli con gli attrezzi antichi usati dai nostri antenati: egli con la sua passione e le sue ricerche ha mantenuto vivo il ricordo delle attività dei nostri antenati.


D. Palmirotta